Passiamo ai fatti!
Il momento è arrivato! In una location prestigiosa, presento il mio libro assieme ad amici, conoscenti e semplici curiosi.
Un evento che contribuirà a svelare non pochi segreti della mia opera. Siete tutti invitati. NON MANCATE!
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È arrivato!
Dopo più di 40 anni di cammino lungo il greto del fiume, tra ciottoli lisci e aguzzi, è approdato alla foce!
Potete acquistare il libro nel link Amazon in basso.
Nei prossimi giorni posterò alcuni brevi “trailer” scritti di presentazione, alcuni già inseriti in precedenza, in questo sito marcobiagetti.com, oltre che negli altri miei gruppi e profili Facebook e Instragram (Il ciottoloso enigma, La Scuola dell’80).
Per acquistare il libro:https://www.amazon.it/dp/B0DZCFST5N

E’ piuttosto difficile spiegare la genesi, la trasformazione e la rinascita di questo mio romanzo (il primo). Ci proverò, anticipandovi qualche brano della “Nota dell’autore” che si trova in calce al libro. Questa storia è stata scritta tanto tempo fa (e non quindi solo “ambientata” in tempi passati): negli anni ’80 – quando è stata scritta – non c’erano telefoni cellulari, computer, diavolerie tecnologiche di oggi ed altro; c’erano telefoni a cornetta, macchine calcolatrici, lire (nel senso della moneta), feste di Carnevale in casa (forse quelle ci sono ancora) ed altro. Proprio in quegli anni, all’epoca della prima stesura del romanzo – ma io la preferisco chiamare storia, dato che ho sempre adorato e stimato chi sa e sapeva scrivere storie semplici – affidai la lettura ad un’importante (forse la migliore) agenzia letteraria dell’epoca (che peraltro esiste ancora, anche se sotto diversa “sigla”); la critica e la recensione furono tutt’altro che buone, a parte alcune annotazioni lusinghiere sull’input del racconto, e rileggendole oggi mi sono accorto che probabilmente il critico non era riuscito a cogliere proprio la mia intenzione principale: e cioè quella di “commistione” fra la vita di tutti i giorni del giovane protagonista, i suoi desideri, le sue aspirazioni ed i suoi inevitabili dubbi, con le paure che ne fanno giocoforza parte e che si trasformano spesso in incubi che la condizionano e dai quali o si esce o si finisce “schiacciati”. Forse aveva ragione lui, che peraltro mi consigliava di rinunciare alla mediazione (mancata a suo dire) tra banale vita quotidiana e mistero e puntare decisamente su quest’ultimo, trasformando il racconto in una storia fantastica e del tutto “esoterica”: tuttavia, ciò era l’esatto contrario del mio intento (io puntavo proprio a questa mediazione) e forse la delusione di non essere riuscito ad esprimerla compiutamente, ha fatto sì che questo libro sia stato chiuso nel cassetto per più di trent’anni. Vi è peraltro un’altra precisazione, molto importante, da svelare e che il critico non sapeva (e non poteva sapere): la storia di questo racconto promana e prende vita diretta da una raccolta di poesie che avevo scritto poco tempo prima, se non contemporaneamente, e che aveva ed ha tuttora il titolo di “Maschere” e che doveva essere anche il titolo di questo romanzo; tuttavia, dopo tanto tempo, da quando cioè ho recuperato tutti i miei “scritti”, anche tale raccolta di poesie ha ritrovato vita e sta per essere pubblicata pressoché contemporaneamente, con il suo titolo originale; è ovvio perciò che non potevo pubblicare due libri diversi con lo stesso titolo, anche se indissolubilmente legati fra di loro. Se ne può cogliere la intima connessione negli svariati richiami (ed intere poesie) che vi sono all’interno della storia, anche in forma “visiva” e concreta (il libro che trova il protagonista, la copertina che si fa “vivente”, le poesie, ecc…). In conclusione, quindi, questo, più che romanzo, amo definirlo con molta presunzione: “Proesia”, cioè, esattamente quello che voleva essere: una commistione fra modo di narrare poetico e “prosaico” (non nel senso spregiativo”). Per lasciarvi un’ulteriore idea di quanto ho provato ad esprimere, guardate il link seguente, inserito nella sezione “Sipario”, con un video di presentazione: https://marcobiagetti.com/sipario/#IncubiArlecchino . Poi, ovviamente, acquistate entrambi i libri: https://www.amazon.it/dp/B0C12DKMGM – https://www.amazon.it/dp/B0C5G9ZWNJ
Si chiude un cerchio lungo 44 anni…
Un viaggio di ritorno per proseguire il cammino.
https://www.amazon.it/dp/B0BPGSVFDL

…Man mano che maturava…l’idea di ritrovare, riscoprire e raccogliere tutto ciò che avevo scritto (o scarabocchiato) dal 1979 ad oggi – non ho infatti ritrovato cose scritte o abbozzate prima di tale anno, anche se da qualche recondita parte deve pur esserci – l’idea di non scartare nulla di ciò che trovavo (e tantomeno di correggerla, rielabolarla o riscriverla del tutto) si faceva sempre più piede e ne è nato fuori questo libro…
Una lirica che parla del coraggio…non ci si deve mai tirare indietro, anzi, è meglio osare.
Da: “La notte e il pettirosso” (2021)
L’ALTALENA
Se hai deciso di salire sull’altalena
devi accettare il dondolio delle corde.
Non puoi pretendere l’immoto spazio
nel turbinio delle onde e il degradare
del vento nel cuore dell’uragano.
Ti ha insegnato il falegname
a smussare gli angoli dello scafo
e il padre a reggerti sul seggiolino.
Quando ti accingerai al salto
ricordati di fare la capriola.
Ha finalmente trovato la luce il mio nuovo libro…lo trovate per l’acquisto su questo link:
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ARRIVEDERCI
Tornando a casa da Monemvasià
L’odore dei narcisi mi pervadeva le narici, il petto
E la punta degli zoccoli.
Il vecchio amico mi salutava da lontano
Mostrando i suoi denti gialli – aperti –
E i capelli bianchi appena mossi dal vento.
Gli invidiosi con i loro lunghi coltelli non si vedevano.
Erano tutti morti.
Persino l’odore acre delle loro carcasse era scomparso
Cancellato dal profumo della brezza mattutina
E dal sentore del pesce fresco venduto al mercato.
M.B.
27 dicembre 2020
L’ispirazione poetica trae spunto pressochè sempre dalle piccole cose; in questo caso mi è bastato immaginare, mentre leggevo un brano da: “Molto tardi nella notte”, ultima raccolta di Ritsos pubblicata postuma, di essere stato a Monemvasià, sua città natale. Un piccolo, semplice omaggio doveroso.
Penso che in questo film, che io ritengo uno dei più belli della storia del cinema, sia contenuta la scena più strettamente “poetica” che si possa immaginare; naturalmente, chiunque abbia un po’ di dimestichezza con il cinema, avrà già capito di quale scena parlo e perciò non sto certo a raccontarvela, ma mi limito a farvela rivedere, sicuro di fare cosa gradita a chi naviga nella magia della poesia.
In una delle più significative scene del film “Dead Poets Society” (L’attimo fuggente – di Peter Weir -1989), il preside della scuola, Mr. Nolan, dopo aver cacciato il prof. John Keating, ne prende il posto come insegnante e comincia a prodigarsi in uno dei più ridicoli, assurdi ed improbabili tentativi di spiegare “Che cos’è la poesia”, usando assi cartesiani e principi matematici o geometrici (chiamateli come volete).
Fortunatamente, ben 17 anni prima, c’era chi sapeva di cosa stesse parlando: Ghiannis Ritsos, nel 1972, scrive “Oscillazione immobile”, a mio parere il miglior tentativo mai riuscito di spiegare l’ispirazione poetica, senza enfasi, ma, come lui era uso fare, con una metafora rubata ad un apparente “scorcio” di vita quotidiana.
Credo di non aver bisogno di spiegarvi altro (altrimenti cado nella trappola di Mr. Nolan); leggete la poesia ed immergetevi per un attimo nella magia e nella fantasia del “nostro” Ghiannis.
Oscillazione immobile
Nella fretta di alzarsi per aprire la porta
rovesciò il cestino coi fili del cucito –
i rocchetti si sparpagliarono sotto il tavolo, sotto le sedie,
negli angoli più impensati, – uno, di un rosso sull’arancione,
dentro il vetro della lampada; uno viola
nel fondo dello specchio; quello là d’oro –
non aveva mai avuto un rocchetto d’oro – da dove salta fuori?
Provò a inginocchiarsi per raccoglierli a uno a uno e rimettere
tutto a posto
prima di aprire la porta. Non fece in tempo. Suonarono di
nuovo.
Rimase immobile, impotente, le mani lungo i fianchi.
Quando si ricordò di aprire, – non c’era più nessuno.
Così, dunque, la poesia? Esattamente così la poesia?
Ghiannis Ritsos – Poesie – 1972