
E’ piuttosto difficile spiegare la genesi, la trasformazione e la rinascita di questo mio romanzo (il primo). Ci proverò, anticipandovi qualche brano della “Nota dell’autore” che si trova in calce al libro. Questa storia è stata scritta tanto tempo fa (e non quindi solo “ambientata” in tempi passati): negli anni ’80 – quando è stata scritta – non c’erano telefoni cellulari, computer, diavolerie tecnologiche di oggi ed altro; c’erano telefoni a cornetta, macchine calcolatrici, lire (nel senso della moneta), feste di Carnevale in casa (forse quelle ci sono ancora) ed altro. Proprio in quegli anni, all’epoca della prima stesura del romanzo – ma io la preferisco chiamare storia, dato che ho sempre adorato e stimato chi sa e sapeva scrivere storie semplici – affidai la lettura ad un’importante (forse la migliore) agenzia letteraria dell’epoca (che peraltro esiste ancora, anche se sotto diversa “sigla”); la critica e la recensione furono tutt’altro che buone, a parte alcune annotazioni lusinghiere sull’input del racconto, e rileggendole oggi mi sono accorto che probabilmente il critico non era riuscito a cogliere proprio la mia intenzione principale: e cioè quella di “commistione” fra la vita di tutti i giorni del giovane protagonista, i suoi desideri, le sue aspirazioni ed i suoi inevitabili dubbi, con le paure che ne fanno giocoforza parte e che si trasformano spesso in incubi che la condizionano e dai quali o si esce o si finisce “schiacciati”. Forse aveva ragione lui, che peraltro mi consigliava di rinunciare alla mediazione (mancata a suo dire) tra banale vita quotidiana e mistero e puntare decisamente su quest’ultimo, trasformando il racconto in una storia fantastica e del tutto “esoterica”: tuttavia, ciò era l’esatto contrario del mio intento (io puntavo proprio a questa mediazione) e forse la delusione di non essere riuscito ad esprimerla compiutamente, ha fatto sì che questo libro sia stato chiuso nel cassetto per più di trent’anni. Vi è peraltro un’altra precisazione, molto importante, da svelare e che il critico non sapeva (e non poteva sapere): la storia di questo racconto promana e prende vita diretta da una raccolta di poesie che avevo scritto poco tempo prima, se non contemporaneamente, e che aveva ed ha tuttora il titolo di “Maschere” e che doveva essere anche il titolo di questo romanzo; tuttavia, dopo tanto tempo, da quando cioè ho recuperato tutti i miei “scritti”, anche tale raccolta di poesie ha ritrovato vita e sta per essere pubblicata pressoché contemporaneamente, con il suo titolo originale; è ovvio perciò che non potevo pubblicare due libri diversi con lo stesso titolo, anche se indissolubilmente legati fra di loro. Se ne può cogliere la intima connessione negli svariati richiami (ed intere poesie) che vi sono all’interno della storia, anche in forma “visiva” e concreta (il libro che trova il protagonista, la copertina che si fa “vivente”, le poesie, ecc…). In conclusione, quindi, questo, più che romanzo, amo definirlo con molta presunzione: “Proesia”, cioè, esattamente quello che voleva essere: una commistione fra modo di narrare poetico e “prosaico” (non nel senso spregiativo”). Per lasciarvi un’ulteriore idea di quanto ho provato ad esprimere, guardate il link seguente, inserito nella sezione “Sipario”, con un video di presentazione: https://marcobiagetti.com/sipario/#IncubiArlecchino . Poi, ovviamente, acquistate entrambi i libri: https://www.amazon.it/dp/B0C12DKMGM – https://www.amazon.it/dp/B0C5G9ZWNJ
