Una poesia che avrei voluto scrivere: “Un seme fra le mani” (Giancarlo Baroni) – di Mauro De Maria.

Un seme fra le mani

Ti seppelliamo con un seme fra le mani

spunta dal suolo germoglia cresce

ti fa ombra d’estate

le foglie ti coprono in autunno

lo battezziamo col tuo nome gli parliamo.

Questa è la poesia che conclude l’omonima sezione dell’ultimo lavoro poetico di Giancarlo Baroni (“I nomi delle cose” puntoeacapo editrice, 2020)

L’autore (unitamente all’altra grande passione artistica cui si dedica, la fotografia) da anni porta avanti il suo messaggio poetico delicato e suadente; i suoi versi paiono integrarsi con la quotidianità degli eventi di cui sa cogliere spesso gli elementi taciuti e sotterranei, qualità che è certamente consona alla scrittura poetica e ne costituisce una peculiarità.

Baroni ama spaziare fra quadri naturali, spesso legati a vissuto e luoghi personali, così come dare voce a figure storiche note o anonime che rivivono gli eventi in prima persona, spesso portando alla luce inediti tagli di lettura; quella delicatezza di linguaggio citata, la leggerezza di parole che facilitano la comunione col lettore divengono una sorta di scandaglio che mentre sprofonda in spazi e tempi privati o pubblici trascina e rende partecipe dei testi chi vi s’immerge.

La poesia qui proposta è inserita, come accennato, in una breve sezione dedicata al tema della morte, o meglio del passaggio fra la vita e un’altra forma di esistenza; si tratta, naturalmente, di un argomento fra i più praticati dai poeti, affascinati dall’insondabilità di un mondo ultraterreno che in qualche modo, anziché annullarla, prolunga la vita oltre il suo limite naturale, secondo la straordinaria (al solito) intuizione di Brodskij, autore amato anche dal nostro, per cui l’arte non imita la vita, ma la morte ossia “la più lunga versione possibile del tempo”. In questi versi molto belli l’autore pare amplificare la possibilità d’una nuova esistenza; sceglie una forma di rinascita simboleggiata dal seme sepolto e pare cogliere l’eco di parole evangeliche secondo cui solo il seme che sprofonda nella terra darà frutto e non sarà disperso al vento; ecco dunque che la scelta consapevole di chi resta, il gesto pensato e attuato perché l’unione non si spezzi raggiunge il suo scopo e nell’amata integrazione con la natura, che il poeta da sempre persegue, si realizza in poesia la fusione di vite diverse e partecipi, il flusso circolare della rinascita.